Il pronosticare è il prevedere chiaramente le cose oscure e che non appariscano in veruno modo: come predire a Minosse che il figliuolo affogherà in una botte di mele; presagire agli Achei la cagione dello sdegno di Apollo, e dopo dieci anni la presa di Troia. Questa è divinazione. Se no, se coteste tue baie sono divinazione, sono indovino anch’io: e predirò e profeteggerò, anche senza la fonte Castalia, il lauro, ed il tripode Delfico, che se uno di verno va camminando nudo mentre piove e grandina, gli verrà addosso un freddo ed un tremito grande; ed una predizione più profetica è, che poi gli verrà un gran caldo, come è naturale: e così molte altre predizioni di questa fatta, che saria ridicolo a dire. Onde lascia stare cotali difese e pronostichi: forse quel che hai detto da prima è più accettabile, che non sapevi nulla di ciò che hai detto, ma facevi versi per una certa vena felice, e che non era gagliarda molto: se no, non avresti adempiuta una parte delle tue promesse, ed una parte tralasciata.
LXV.
IL NAVIGLIO,
OI CASTELLI IN ARIA.
Licino, Timolao, Samippo, ed Adimanto.
Licino. Non lo dicevo io, che piuttosto una carogna giacente allo scoperto sfuggirebbe agli avoltoi, che uno spettacolo straordinario a Timolao; dovesse egli per vederlo correre d’un fiato sino a Corinto? Tanto ti piacciono le novità, e ti fan vivo!
Timolao. E che potevo far di meglio, o Licino, essendo scioperato, e sapendo approdata nel Pireo una nave grandissima e smisurata, una di quelle che vengon d’Egitto cariche di grano per l’Italia?
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