Adimanto. Dunque io non lascerò la nave; e giacchè mi è permesso, aggrandirò il mio castello. Mercurio datore di guadagni me li faccia riuscir tutti questi desiderii. La nave, e tutto ciò che v’è dentro, sia mio, il carico, i mercatanti, le donne, i marinai, e tutt’altro che v’è di buono.
Samippo. Tu v’hai un pezzo di cuore, e nol sai.
Adimanto. Vuoi dire, o Samippo, quel garzonetto con quella chioma? Bene, sia anche mio. Quanto frumento è nella nave diventi tutto oro coniato, ogni granello un darico.
Licino. Che razza di desiderii son cotesti, o Adimanto? La barca t’affonderà; chè tanto grano non pesa quanto tant’oro.
Adimanto. Senza invidia, o Licino: quando toccherà a te, fatti d’oro tutto il monte Parneto, ed io non fiaterò.
Licino. L’ho detto per tua sicurezza, per non farvi perire tutti quanti insieme con l’oro. E per noi non tanto: ma quel bel giovane morrebbe annegato, povera creatura, per non saper nuotare.
Timolao. Oh, non temere, o Licino: i delfini se lo porranno sul dorso, e lo porteranno a terra. Credi tu che un citarista fu salvato da essi per premio del suo canto; che un fanciullo annegato fu portato anche così da un delfino all’Istmo; e non credi che il novello servo di Adimanto troverà un delfino che se ne innamori?
Adimanto. Anche tu, o Timolao, imiti Licino, e ci metti il tuo motto di giunta, quando tu stesso hai fatto la proposta?
Timolao. Saria meglio una cosa più verisimile, trovare un tesoro sotto il letto per non avere l’impaccio di trasportare l’oro dalla nave in città.
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