Regna pure, capitaneggia, squadrona i cavalli, schiera i fanti gravemente armati: voglio sapere dove andate quand’uscite d’Arcadia tutti quanti, su quali sfortunati anderete primamente a piombare.
Samippo. Lo saprai: ma è meglio, o Licino, che tu venga con noi; chè io ti farò capitano di cinquemila cavalli.
Licino. Grazie di quest’onore, o re; ed inchinandomi alla persiana io ti adoro mettendomi le mani dietro il dorso, ed onoro l’alta tiara ed il diadema: ma preponi alla cavalleria un altro di questi valorosi. Io sono un pessimo cavaliere, e non sono stato mai saldo a cavallo: onde temo che quando la tromba suona a battaglia io non cada o sia calpestato sotto tante squadre; o, se il cavallo è bizzarro, che non mi vinca il freno e mi porti in mezzo ai nemici; o pure converrà legarmi su la sella per rimaner ritto e tener la briglia.
Adimanto. Io, o Samippo, ti comanderò io la cavalleria: Licino l’ala destra. È giusto che io abbia da te un grande uffizio, che t’ho donati tanti medinni di monete d’oro.
Samippo. Dimandiam gli stessi cavalieri, o Adimanto, se ti vogliono per capitano. O Cavalieri, chi vuole Adimanto per capitano levi la mano.
Adimanto. Ecco, o Samippo, tutti l’hanno levata.
Samippo. Ebbene, tu comanda la cavalleria: Licino abbia l’ala destra, Timolao guidi la sinistra; io il centro, come usano i re di Persia quando ci sono essi. Ma via su marciamo a Corinto per la via dei monti, fatte prima nostre preghiere a Giove re. Giacchè tutta la Grecia è sottomessa (chè nessuno ardiria prender le armi contro un’oste sì grande, e noi vinciam senza combattere) imbarchiamoci su le triremi, imbarchiamo i cavalli su le onerarie (chè già in Cencrea è pronto vettovaglia, navi, e ogni altra cosa), valichiamo l’Egeo, sbarchiamo nella Ionia.
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