Quivi, fatti sacrifizi a Diana, occupate facilmente le città non murate, e lasciativi governatori, ci avanziam su la Siria, percorrendo la Caria, poi la Lidia, la Panfilia, la regione dei Pisidi, le marine e i monti della Cilicia, infine giungiamo su l’Eufrate.
Licino. Per me, o Maestà, lasciami Satrapo della Grecia, chè io son timido e non vorrei molto dilungarmi di casa; e tu m’hai l’aria di voler correre su gli Armeni e su i Parti, genti guerriere e bravissimi saettatori. Onde affida ad un altro l’ala destra, e lasciami in Grecia, come un altro Antipatro; perchè io temo che intorno Susa o Battra qualche arciero non m’imberci in qualche parte scoperta, e non trapassi il povero capitano della tua falange.
Samippo. Tu manchi alla rassegna, o Licino, e sei un vigliacco. La legge è: sia tagliato il capo a chi è chiarito disertore. Ma giacchè siamo su l’Eufrate, e v’è gittato il ponte, e dietro le spalle tutto il paese trascorso è sicuro, e i luogotenenti che io v’ho messi infrenano i popoli, e già sono partite certe schiere che in tanto mi debbono conquistare la Fenicia, la Palestina, e l’Egitto; passa il fiume tu primo con l’ala destra, o Licino; poi io, poi Timolao, ultimo Adimanto con la cavalleria. Per la Mesopotamia non incontriamo alcun nemico: le genti vengono spontanee a dar sè stesse e le loro fortezze nelle nostre mani: e già venuti a Babilonia, all’improvviso entriam nelle mura, ed abbiam la città. Il re standosi a Ctesifonte ode la nostra invasione, e corso a Seleucia, manda a far leva di quanti più può cavalli, arcieri, e frombolieri.
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