Riferiscono gli esploratori che già s’è raccolto da un milione di combattenti, fra i quali dugentomila arcieri a cavallo; e pure non ci sono ancora gli Armeni, e quelli che abitano sul mar Caspio, e quelli che debbono venire da Battreo, ma è tutta gente di province vicine e suburbane: e in sì breve tempo se n’è raccolta cotanta. Or bisogna tener consiglio su che dobbiam fare.
Adimanto. Per me dico che voi coi fanti dovreste andar contro Ctesifonte, e noi coi cavalli rimaner qui a guardia di Babilonia.
Samippo. Hai paura anche tu, o Adimanto, all’avvicinarsi del pericolo. E tu che ne pensi, o Timolao?
Timolao. Andar con tutta l’oste contro il nemico, non dargli tempo di afforzarsi meglio ragunando altri combattenti, ma mentre questi sono ancora in marcia, assalirlo.
Samippo. Ben dici: E a te che ne, pare, o Licino?
Licino. Ti dirò. Giacchè siamo stanchi per aver camminato continuamente, chè da stamane siam discesi nel Pireo, ed abbiam fatto quasi trenta stadii sotto questa fersa di sole, e nel fitto meriggio, riposiamoci un po’ sotto questi ulivi, sedendo su questa colonna rovesciata; poi ci leveremo, e pian piano faremo il resto della via sino alla città.
Samippo. Tu ti credi ancora in Atene, e tu se’ nella pianura di Babilonia, innanzi le mura, con a fronte un esercito innumerabile, e consultando sul dare battaglia.
Licino. Oh, me ne fai ricordare. Io credevo d’essere ancora digiuno come te, e non dover parlare a sproposito.
Samippo. Ebbene, andiamo ora. Siate prodi nei pericoli, e mostratevi di gente valorosa: già anche i nemici vengono all’assalto.
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