Insomma io terrei gli uomini come uno scherzo, ogni cosa sarebbe mia, e sarei stimato un dio. Questa è felicità perfetta, che non può essere nè perduta nè insidiata, specialmente con buona salute, e lunga vita. Or che potresti riprendere, o Licino, in questo castello?
Licino. Niente, o Timolao. Canzoni! a pigliarmela con uno che vola, ed ha più forza di diecimila? Ma una cosa ti dimanderò, se fra le tante genti su cui volavi, hai veduto un vecchio impazzito per modo da credersi di volare trasportato da un anellino, di poter volgere sossopra le montagne con la punta d’un dito, di essere bello ed amabile, a tutti, benchè abbia il zuccone e il naso rincagnato? E dimmi anche questo: perchè un solo anello non potria operar tutte queste maraviglie, ma devi caricartene di tanti, che ciascun dito della mano sinistra n’è coverto, e la destra dovrà scaricarne d’alquanti l’altra? Eppure ti manca l’anello più necessario, che portandolo in dito, ti torrebbe cotesto ruzzo del capo, ti faria spurgar cotesto catarro; pel quale ti gioveria anche una buona dose d’elleboro.
Timolao. Ma infine, o Licino, ce lo dirai una volta il tuo castello, per farci vedere come è irreprensibile ed incensurabile, tu che tagli così i panni addosso agli altri?
Licino. Io non debbo far castelli, io, perchè già siamo al Dipilo: questo bravo Samippo duellando innanzi a Babilonia, e tu, o Timolao, facendo colezioni in Siria e cenando in Italia, vi avete presi gli stadii che toccavano a me, e avete fatto bene. E poi io non vorrei arricchire d’una breve ricchezza che se ne va col vento, ed indi a poco affliggermi mangiando una magra focaccia, come or ora accaderà a voi, che vedrete tutta la vostra ricchezza andare in fumo.
| |
Licino Timolao Licino Dipilo Samippo Babilonia Timolao Siria Italia
|