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      Che gioia di giovane! quanto n’abbiamo avuto! Non ti ha dato mai un obolo, nè una veste, nè un paio di scarpette, nè un bossolino d’unguento, ma sempre parole, promesse e speranze lunghe. Se mio padre..... se divento io padrone, tutto è tuo. Tu dici ancora che ha giurato di sposarti.
      Musetta. L’ha giurato, o mamma, per le due Dee, e per Minerva.(77)
      La Madre. E tu gli credi già? E per questo poco fa non avendo egli come pagar lo scotto, tu gli desti l’anello senza saputa mia: ed ei lo vendette, e si divertì: un’altra volta due collane gioniche, che ciascuna pesava due darici,(78) e te le portò padron Prassia di Chio, che te le fece fare a posta in Efeso. Eh! Cherea doveva pagar la sua parte, e non scomparire fra i compagni. Di tante lenzuola e camice che parlo a fare? Una gran fortuna c’è venuta addosso, che non ce l’attendevamo.
      Musetta. Ma è un bel giovane, e senza barba, e dice che mi vuol bene, e piange, e poi è figliuolo di Dinomaca e di Lachete l’Areopagita, e dice che mi sposerà, ed abbiamo grandi speranze da lui se il vecchio chiude gli occhi.
      La Madre. Dunque, o Musetta, se avrem bisogno di calzari, e il calzolaio ci chiederà le due dramme, noi gli risponderemo: Danari non ne abbiamo, ti diamo speranze, prendile. Al panattiere diremo anche così: e se ci si richiede la pigione, diremo: Aspetta finchè muoia Lachete di Colitta: ti pagherem dopo le nozze. Non ti vergogni che tu sola fra le cortigiane non hai nè un paio di orecchini, nè una collana, nè una robetta tarantina?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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