Mi perdeva in mille pensieri. Ma iersera verso tardi venne Dromone, e mi portò questa lettera sua. To’, leggila, o Rondinella; chè tu sai leggere.
Rondinella. Dammi, vediamo: oh, è uno scarabocchio scritto proprio in fretta. Dice così: «Come io t’ho amata, o Rugiadosa, ne sono testimoni gli Dei.»
Rugiadosa. Ahi misera me! non comincia nemmeno col saluto.
Rondinella. «Ed ora non per odio, ma per necessità mi allontano da te. Mio padre mi ha affidato ad Aristeneto, per farmi apprendere filosofia: e questi che ha saputo di noi ogni cosa, mi ha molto sgridato, e m’ha detto che non conviene a me che son figliuolo di Architele e di Erasiclea vivere con una cortigiana: e che è molto meglio preferire la virtù alla voluttà.»
Rugiadosa. Lo colga un accidente! queste chiacchiere insegna al ragazzo!
Rondinella. «Onde son costretto ad ubbidirlo, perchè mi accompagna sempre, e mi guarda attentamente, e non mi permette di guardare altri che lui. Se mi correggo e gli ubbidisco in ogni cosa, mi promette ch’io sarò felicissimo, e diventerò virtuoso ed illustre dopo di aver ben faticato. Ti scrivo queste poche righe appena, e di nascosto. Tu sii felice, e ricordati di Clinia.»
Rugiadosa. Che ti pare la lettera, o Rondinella?
Rondinella. È una cosa da Scita: ma quel ricordati di Clima dà qualche speranza.
Rugiadosa. Anche a me è paruto così: ah io me ne moro per questo amore. Intanto Dromone m’ha detto che Aristeneto è un pederasta, e che sotto colore di studii egli si gode i bei garzoni; e che gliene dice tante a Clinia, e gli promette di farlo diventar pari ad un dio; e che gli fa leggere certi discorsi amorosi che gli antichi filosofi facevano ai loro discepoli: insomma è sempre intorno al garzone.
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