Trifena. Dimmene il nome, o Carmide.
Carmide. La Baciozza, o Trifena.
Trifena. Quale dici? chè sono due; quella del Pireo, testè sverginata, e di cui è innamorato Difillo il figliuolo del generale di quest’anno, e quell’altra che chiaman la Trappola.
Carmide. Questa: ed io misero a me, son morto, son perduto di lei.
Trifena. E per lei piangevi?
Carmide. Sì.
Trifena. È molto che l’ami, o se’ novello ancora?
Carmide. Novello no: son otto mesi che nelle Dionisiache la vidi la prima volta.
Trifena. Ma la vedesti ben tutta quanta la Baciozza? o le vedesti la sola faccia e le altre parti apparenti del corpo? Tu certamente non sei andato più in là con una donna che ha sopra i quarantacinque anni.
Carmide. Eppure ella giura che ne compirà ventidue a Febbraio che viene.
Trifena. E tu a chi più crederai, ai giuramenti suoi, o agli occhi tuoi? Rimirala bene, guardala un po’ alle tempie dove solamente ha capelli suoi, e il resto è una gran parrucca. Intorno alle tempie, quando svanisce il colore col quale ella si tinge, i capelli compariscon bianchi di sotto. Ma che ti sto a dire? Falle un po’ di forza per vederla nuda una volta.
Carmide. Non mai ha voluto compiacermi di tanto.
Trifiina. Con ragione: sapeva che avresti schifate le sue impetigini: dal collo alle ginocchia n’è tutta chiazzata come una pantera. E tu piangevi che non ti giaci con lei? Oh di’, te lo vendeva caro ella, e ti faceva la contegnosa?
Carmide. Sì, o Trifena: e quanto s’ha preso da me! Ora m’aveva cercato un migliaio,(83) ed io non avendo come darglielo, perchè mio padre è un uomo assegnato, ella s’ha preso Moschione, e mi ha scacciato: onde io per farle dispetto m’ho preso te.
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