Trifena. Oh, per Venere, i’ non ci sarei venuta se m’avesser detto che io era presa per questo, per fare un dispetto a un’altra, e poi alla Baciozza, a quella vecchiaccia. Ma ora me ne vado, chè già il gallo ha cantato la terza volta.
Carmide. Non andar sì di fretta, o Trifena. Se è vero ciò che dici della Baciozza, e della parrucca, e che si tinge, e che ha le impetigini, i’ non potrei più guardarla in faccia.
Trifena. Dimandane tua madre, se mai s’è lavata con lei: degli anni poi, te ne parlerà anche tuo nonno, se è vivo ancora.
Carmide. Dunque giacchè ella è così fatta, leviam questo muro di mezzo a noi, abbracciamoci, baciamoci, facciamo davvero; e la Baciozza vada alla malora.
12.
Violetta,(84) Pitia e Lisia.
Violetta. E mi maltratti, o Lisia! Ben mi sta, perchè io non t’ho chiesto mai danari, non t’ho tenuto mai la porta, dicendoti, un altro è dentro; non t’ho costretto mai ad ingannar tuo padre, o rubare tua madre, e portarlo a me, come fanno le altre; ma subito fin da prima t’ho ammesso in casa senza voler mai nulla, mai. Tu li sai quanti innamorati io ho licenziati: Etocle che ora è de’ Pritani, Pasione il padron di barca, e Melisso che è giovane come te, ed ora gli è morto il padre, ed è padrone assoluto di tutto il suo: ma per me il mio Faone se’ stato tu, non ho guardato nessun altro, non sono stata che con te: perchè, sciocca a me, io credeva veri i giuramenti tuoi, e mi ti son mantenuta come una Penelope, benchè la mamma mi sgridasse, e le amiche me ne garrissero.
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