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      Per non farla lunga, scavalcai, venni, trovai la porta ben chiusa, chè era già mezza notte: non picchiai, ma aperta piano piano la porta con la chiave comune, come avevo fatto altre volte, entro senza far rumore: tutti dormivano: io con le mani tastando le mura mi accosto al letto.
      Violetta. Che dici? o mamma mia! mi sento i sudori della morte.
      Lisia. Come m’accorsi che non era un fiato solo, da prima credetti che ci fosse anche Lida corcata: ma non era così, o Pitia: che tastando toccai uno senza barba, liscio, tonduto, che anche odorava d’unguento. A questo se io ci fossi venuto con un coltello ti dico che non avrei dubitato.... Perchè ridete, o Pitia? Ti dico cose da ridere io?
      Violetta. E per questo, o Lisia, t’eri preso collera? Era Pitia che dormiva con me.
      Pitia. Non dirglielo, o Violetta.
      Violetta. Perchè non dirglielo? Era Pitia, o caro, chiamata da me per coricarci insieme, chè io mi struggevo a non averti vicino.
      Lisia. Pitia così tonduta? E poi in sette giorni le son cresciuti tanti capelli?
      Violetta. Per una malattia si è rasa, o Lisia, perchè le cadevano i capelli: ella ora ha la parrucca. Fagliela vedere, o Pitia, fagliela vedere per persuaderlo. Ecco chi era quel giovane, quel mio ganzo, di cui eri geloso.
      Lisia. E non fu bene, o Violetta, fare una toccatina a questo tuo ganzo?
      Violetta. Dunque ti se’ persuaso. Ma vuoi che vada in collera io ora? che mi sdegni con ragione anch’io?
      Lisia. No, no: via, beviamo ora: e Pitia stia con noi: ella deve assistere alla pace.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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