Passi pure che tagliasti il capo a quel povero Paflagone, perchè poi infilzarlo su la sarissa, e farti gocciolare il sangue addosso?
Leontico. Questo è sozzo veramente, o Chenida: tutt’altro è stato bene inventato. Ma va’, e persuadila a dormire con me.
Chenida. Le dirò dunque che son tutte bugie, e che l’hai dette per parer prode?
Leontico. Così è vergogna, o Chenida.
Chenida. E altrimente non viene. Scegli dunque una delle due: o essere odiato e rimanerti bravo, o dormir con Innide e confessarti bugiardo.
Leontìco. Brutte tuttedue: ma scelgo Innide. Va’ dunque, o Chenida, e dille che son bugie, ma non tutte, ve’.
14.
Dorione e Mirtale.
Dorione. Ora mi scacci, o Mirtale, ora che son divenuto povero per te: quando ti portavo tante cose, allora io ero l’innamorato, io l’uomo tuo, io il signore, tutto io. Poi ch’io son ridotto al verde, t’hai trovato per amico il mercatante Bitino: io sono scacciato, e ti sto innanzi la porta a piangere, ed egli ogni notte è dentro, e si sollazza, tu gli fai carezze, e gli dici che se’ gravida di lui.
Mirtale. Questo non posso patire, o Dorione, quando dici che m’hai dato tanto, e che se’ povero per cagion mia. Facciamo un po’ il conto di tutte le cose che m’hai portate.
Dorione. Sì, o Mirtale, facciámolo. Un paio di scarpette di Sicione in prima, di due dramme: metti due dramme.
Mirtale. E dormisti meco due notti.
Dorione. E quando venni di Siria un bossoletto d’unguento di Fenicia, anche di due dramme, sì per Nettuno.
Mirtale. Ed io quando salpasti, i’ ti diedi quella camicetta marinaresca che ti giungeva sin qui alle cosce, per mettertela quando remavi: se la scordò in casa mia Epiuro il piloto quando dormì con me.
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