E quando si levò la luna (anche la luna doveva vedere il bellissimo spettacolo) ecco venir Proteo, nelle sue vesti consuete, accerchiato dal fiore dei Cinici, tra i quali quel bravo gracchiatore di Patrasso portando una face in mano, rappresentava la seconda parte nel dramma: Proteo portava anche una face. Giunti alla catasta, da diverse parti vi posero fuoco, che per le legne resinose ed i sarmenti tosto divampò in gran fiamme. Egli (attento, chè ora viene il bello) depose la bisaccia, il mantello, la clava d’Ercole, e rimase in camicia, che era lordissima. Poi chiese incenso per gettarlo nel fuoco, ed avutolo, ve lo gittò: indi voltosi verso il mezzodì (come se il mezzodì avesse a fare qualche cosa in questo) disse: O anime di mia madre e di mio padre, accoglietemi benigne. E così dicendo gettossi nel fuoco, e non fu visto più, che la fiamma lo ravvolse e lo nascose.
Mi pare di vederti ridere, o mio buon Cronio, a questa catastrofe del dramma. Io, quand’egli invocò l’anima della madre, non lo biasimai gran fatto; ma quando chiamò quella di suo padre, ricordandomi ciò che t’ho detto della morte del vecchio, non potevo contenere le risa. I Cinici che stavano intorno alla pira, non piangevano, ma taciti mostravano il loro dolore e guardavano nel fuoco: finchè io sentendomi soffocare, dissi: Andiamocene, o stolti che siamo: non è certo un bello spettacolo vedere un vecchio arrostito, e riempirci di fetore e di fumo. O aspettate che venga un pittore e vi dipinga, come gli amici intorno a Socrate nella prigione?
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