Ma poi che si fecero uomini, e videro il rispetto che tutto il mondo ha per gli amici miei, e come la gente li sopporta parlare con franchezza, e si piace di essere regolata da loro, e ai loro consigli obbedisce, e se è sgridata si sommette, pensarono che questo era un comandare veramente da re. Imparare quanto conviene per avere tanta autorità, era cosa per loro troppo lunga, anzi impossibile: le arti scarse, e con fatica ed a pena potevano dare il necessario: ad alcuni ancora la servitù pareva grave, e, com’è veramente, insopportabile. Pensando adunque e ripensando si risolvettero a gittar l’ultima àncora, chiamata sacra dai marinai; ed afferratala su la bella poltroneria,(90) aitandosi di più con l’audacia, l’ignoranza e l’impudenza, che hanno a bizeffe, e avendosi studiate certe nuove ingiurie per averle sempre pronte in su la bocca, con queste sole provvisioni (e vedi provvisioni per la filosofia!) pigliano abito ed aspetto grave, e simile al mio, appunto come Esopo dice aver fatto l’asino di Cuma, il quale copertosi della pelle d’un leone, e bravamente ragghiando si credette divenuto anch’egli leone: e ci furono certi gonzi che gli credettero. Ella è cosa molto facile, come sai, ed agevole imitare noi altri, esternamente dico; e non ci vuol molto a mettersi un mantello indosso, appendersi una bisaccia su la spalla, tenere una mazza in mano, e gridare, anzi ragghiare e latrare, e ingiuriare tutti. Il rispetto che si porta all’abito dà a loro la sicurezza di non patir nulla per questo: e la libertà è bella ed assicurata, a dispetto del padrone, che se vorrà ripigliarli, sarà picchiato col bastone: il vitto non più scarso, nè come per lo innanzi una focaccia magra; il companatico non più salume o aglio, ma tocchi di carni d’ogni specie; vino squisitissimo, e danari quanti ne vogliono.
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Esopo Cuma
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