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      E dopo un poco chiedono non oboli, nè poche dramme, ma ricchezze intere. Qual mercante arricchisce tanto col suo traffico, quanto costoro guadagnano con la filosofia? E dopo che hanno raccolto a sufficienza e sono ingrassati, gettato via il povero mantello, comperano campi talvolta, e vesti fine, e garzoni chiomati, e fabbricati interi, mandando un canchero alla bisaccia di Crate, al mantello d’Antistene, e alla botte di Diogene. Il volgo che vede questo, già sputa la filosofia, crede che tutti sieno d’una risma, e accusano me che do sì belli precetti. Onde da molto tempo mi è stato impossibile tirare a me qualcheduno, e mi avviene come a Penelope, che quanto io tesso, tutto in un momento è disfatto; e l’Ignoranza e l’Ingiustizia se ne ridono, vedendo che fo un’opera che non si compie mai, ed una fatica inutile.
      Giove. Quali oltraggi, o Dei, ha sofferto la Filosofia da quei maladetti ribaldi! Bisogna ora pensare al da fare, e come punirli. Il fulmine in un colpo li spaccia, e la morte saria breve.
      Apollo. Propongo io un espediente, o padre: chè anch’io abborrisco quest’impostori, villani, e nemici delle muse. Ei non sono degni del fulmine e della tua mano. Concedi, se ti pare, l’arbitrio di punirli a Mercurio, e mandalo giù; egli che s’intende bene di studi, riconoscerà subito i buoni filosofi ed i cattivi; e gli uni loderà, come meritano; e gli altri punirà, come gli parrà più conveniente.
      Giove. Dici bene, o Apollo. Ma anche tu, o Ercole, accompàgnati alla Filosofia, e andate subito nel mondo.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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