Ercole. Cotesto è ufficio tuo, o Mercurio. Tu sei banditore: fa tosto un bando.
Mercurio. Non ci vuol niente: ma non ne so i nomi. Di’ tu, o Filosofia, quali nomi hanno, e i contrassegni ancora.
La Filosofia. Neppure io so bene come si chiamano, perchè non sono stata mai in mezzo a loro; ma dalla voglia che hanno di acquistare non isbaglierai chiamandoli Ctesoni, o Ctesippi, o Ctesiclei, o Euctemoni, o Policteti.(91)
Mercurio. Dici bene. Ma chi sono costoro? e che vanno cercando anche essi? Oh, s’avvicinano, e vogliono dimandarci qualcosa.
Uomini. Potete dirci, o uomini dabbene, e tu, o bella donna, se avete veduto tre furbi insieme, ed una donna tonduta alla spartana, di aspetto e modi maschili?
La Filosofia. Oh, questi cercano roba nostra.
Uomini. Come vostra? Quelli sono tutti servi fuggitivi; e noi seguitiamo specialmente la donna, da essi rubata.
Mercurio. Saprete perchè li cerchiamo anche noi: Facciamo ora il bando per conto vostro e nostro: «Chi ha veduto uno schiavo Paflagone, dei barbari di Sinope, di un nome che significa acquisto, faccia pallida, zucca rasa, barba lunga, bisaccia in ispalla, mantello indosso, stizzoso, zotico, voce rauca, ingiuriatore, lo indichi, e avrà il premio che egli dirà.»
Il Padrone.(92) Non conosco questo bandito: quegli che era presso di me si chiamava Scarafaggio,(93) e aveva i capelli, e si svelleva la barba, e conosceva l’arte mia; chè egli stava nella tintoria, e tendeva i bioccoli che caccia il panno.
La Filosofìa. Egli è desso, il tuo servo: ed ora pare un filosofo, così ben si è ritinto!
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