Mercurio. Non hai detta una stranezza, perchè anche il Triphallo è una commedia.(97)
Ercole. Ora tocca a te, o Mercurio, dar la sentenza.
Mercurio. Ecco la sentenza mia. Costei acciocchè non partorisca un mostro, una bestia di molti capi, torni al marito in Grecia. Questi due ragazzacci fuggitivi, riconsegnati ai padroni, tornino a far l’arte che facevano, Orcioletto a lavare la biancheria sporca; e Muschiatino, flagellato prima con stipiti di malva, a rimendare i panni sdruciti: costui poi sia dato in mano ai dipelatori, acciocchè si senta morire quando lo pelano, poi sia impegolato di pece femmina;(98) quindi menato sul monto Emo, ivi rimanga coi piedi legati.
Il Fuggitivo. Ohi misero me, oh me disfatto!
Il Padrone. Quest’esclamazione perchè non l’inserisci nei tuoi tragici dialoghi? Ma vieni ora dai dipelatori; spógliati prima la pelle del leone, e così sarai conosciuto per quell’asino che sei.
LXIX.
I SATURNALI.
Saturno ed un suo Sacerdote.
Il Sacerdote. O Saturno, che oggi sembri essere tu signore, ed a te si fa sacrifizi e preghiere da noi, nella tua festa che cosa io potrei dimandare ed avere da te?
Saturno. Devi tu pensare ciò che più desideri, e dirmelo; se pure non credi che io abbia signoria e profezia, e sappia ciò che meglio ti piace. Chiedimi, e se posso, non dirotti no.
Il Sacerdote. Ci ho pensato tanto! Ti dirò le cose che tutti desiderano, e a te è facile il darle, ricchezze ed oro assai, comandare a molti uomini, posseder molti servi, vestimenta ricamate e fine, argento, avorio, ed altre cose preziose.
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