- Assegnati i doni, non si deve serbarne alcuno; nè mandatili, pentirsene. Se alcuno l’anno passato era lontano e non ebbe la parte sua, ne abbia ora due. - I ricchi paghino i debiti degli amici poveri; anche la pigione se alcuno la deve, e non può pagarla: e molto tempo prima s’informino di che specialmente hanno bisogno gli amici loro. - Chi riceve un presente non ne mormori: comunque è, sia tenuto per bello il presente. - Un’anfora di vino, una lepre, una gallina grassa non sieno stimati doni da Saturnali; i doni de’ Saturnali non sieno pigliati a gabbo. - Il povero rimandi al ricco: se è letterato, gli mandi una scrittura antica purchè sia bella e festevole, o una scrittura sua come ei l’ha potuta fare: e il ricco l’accetti con lieto viso, la legga subito; se la ripone o la gitta, sappia che la minaccia della falce è pronta per lui, ancorchè abbia mandato ciò che doveva. Gli altri mandino, chi corone di fiori, chi grani d’incenso. - Se poi un povero manda al ricco una veste, un arnese d’argento o d’oro, oltre il suo potere, il presente sia sequestrato, venduto, e il prezzo deposto nel tesoro di Saturno: e il povero il giorno appresso riceverà le spalmate in mano dal ricco con una ferula, e non meno di dugentocinquanta.
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Al bagno quando l’ombra dello gnomone è sei piedi: prima del bagno si giuochi a noci e a dadi. - A tavola si segga alla rinfusa: a dignità, nobiltà, ricchezza s’abbia poco riguardo. - Dello stesso vino bevano tutti, nè il ricco alleghi scusa di dolore di stomaco o di capo per bere egli solo del pretto.
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