Lascio stare quanti altri affanni li tormentano: un figliuolo scapestrato, la moglie intabaccata con un servo, un zanzero che si presta più per forza che per buona voglia, e tante altre cose che non potete immaginare voi altri che guardate solamente all’oro ed alla porpora che essi portano, e se li vedete in cocchio tirato da una muta di cavalli pomellati, aprite tanto di bocca e li adorate. Se voi sapeste voltar loro tanto di spalle, sprezzarli, non rivolgervi a riguardare il cocchio sfolgorante d’argento; e quando vi parlano non mirare lo smeraldo che portano in dito, non tastarne le vesti e lodarne la finezza, ma li mandaste alla malora con le loro ricchezze, oh! sappiate che verrebbero essi da voi a pregarvi di andare a desinare con loro, per farvi vedere i letti che hanno, e le mense, e il vasellame; le quali sono tutte cose inutili se non c’è a chi mostrarle. Allora vi persuadereste che essi posseggono tante cose non per usarle essi, ma per farle ammirare a voi.
Vi dico questo per consolarvi, giacchè io conosco la vita vostra e la loro, e per esortarvi a celebrare la festa, pensando che tra breve tutti dovrete uscir della vita, e lasciare essi le ricchezze loro, voi la povertà vostra. Nondimeno io ad essi scriverò, come vi ho promesso: e credo che non terranno poco conto d’una lettera mia.
3a.
Saturno ai Ricchi salute.
I poveri ultimamente mi hanno scritto, accusandovi che voi non fate parte a loro di ciò che avete, e ad ogni modo vogliono che io metta in comune i beni, affinchè ciascuno n’abbia la parte sua: chè per giustizia tutti debbono essere eguali, e non già uno avere il soverchio, e un altro niente.
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Ricchi
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