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      Io ho risposto che di queste faccende se la intendan con Giove: di tutt’altro poi, e delle offese che essi credono di avere durante la festa, vedendo che spetta a me giudicarne, ho promesso di scriverne a voi. Le dimande loro, a parer mio, son moderate: Come, dicono essi, tremanti a questo freddo e cascanti di fame, come celebreremo la festa? Se dunque io voglio che ci prendano parte anch’essi, chiedono che io vi obblighi a dar loro qualcuna delle vostre vesti se n’avete soverchie, o grossolane per voi, e di spruzzar su di essi un poco d’oro. Se farete questo, essi dicono di smettere da questo piato innanzi a Giove: se no, minacciano di chiamarvi in giudizio per una nuova divisione, come prima Giove darà udienza. Questa non è poi una gran cosa per voi: avete tanto, che buon pro vi faccia!
      E dei conviti vogliono che io vi scriva un capo a parte: come essi ci vorrieno essere convitati, e voi ve li godete voi soli e a porte chiuse: e se talvolta fate lo sforzo d’invitarne alcuni, hanno più tossico che piacere a tavola; perchè tutto si fa per insultarli, come per esempio, che non bevono lo stesso vino che voi. Per Ercole! questo si è affronto ad un uomo libero: e sono sciocchi essi che non si levano e vi piantano con tutto il convito. Dicono che non bevono a sazietà, perchè i vostri coppieri son come i compagni d’Ulisse, han turate le orecchie con la cera. Le altre sono spilorcerie, che mi vergogno a dirle: si lagnano che le vivande non sono spartite al giusto, che i servi stanno vicino a voi finchè voi vi servite a sazietà, e trapassano subito innanzi a loro; e molte altre di queste pidocchierie sconvenienti ad uomini liberi.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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