Ma questi che prima dicono di aver bisogno di poco, come noi apriam loro le porte, non rifinano di chiedere ora questa ora quella cosa: e se non l’hanno subito e alla prima parola, s’ingrognano, si sdegnano, dicono un sacco di villanie; e sebbene dicano menzogne, pure chi li ode li crede, perchè suppone che come intimi nostri ci conoscano. Onde una delle due, o dovevamo non dar nulla e farceli nemici, o sparger tutto, e rimanere anche noi poveri come loro. Le altre cose passino pure: ma a tavola invece di attendere a riempirsi il sacco e satollarsi, divenuti brilli sgraffiavan la mano al coppiere nel rendergli la tazza, o brancicavano l’amica nostra o nostra moglie: e dopo di aver vomitato in mezzo la sala, il giorno appresso levavano i pezzi di noi, dicendo che s’eran morti di sete e di fame. Se credi che noi esageriamo, ricordati del vostro commensale Issione, il quale onorato della vostra tavola, tenuto pari a voi in onore, quando s’imbriacò pose le mani addosso a Giunone, il prode uomo. Per queste e per altre ragioni noi ci eravam determinati per l’avvenire, per sicurezza nostra, di non farli più metter piede in casa nostra. Ma se promettono innanzi a te, di chiedere moderatamente, come essi dicono, e di non fare scostumatezze a tavola, vengano pure col buon pro a banchettare con noi. Delle vesti ne manderemo, come ci comandi, e dell’oro secondo il poter nostro, e faremo larghe spese, e non risparmieremo niente per contentarli: ma essi lascino i discorsi artifiziosi con noi, ci sieno amici, non adulatori e parassiti.
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Issione Giunone
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