- Per farlo finire da quella seccaggine, almeno per allora, Aristeneto fe’ cenno ad un servo di mescere e presentargli una gran coppa del pretto. Credette di aver pensato un ottimo espediente, e non previde quanti mali sarieno usciti di quella coppa. Alcidamante la prese, e tacquesi un po’; poi gettasi a terra mezzonudo, come aveva minacciato di fare, e puntella la testa col braccio sinistro, tenendo nella mano destra la coppa, in quell’atteggiamento che i pittori dipingono Ercole in casa di Folo.
Già tra i convivanti la tazza andava attorno continuamente, si facevano brindisi, e ragionari, e si portavano i lumi. In tanto io avendo adocchiato vicino a Cleodemo un bel giovanotto di coppiere che sorrideva (qualche osservazioncella particolare credo te la posso dire, specialmente se è di cose galanti), io spiavo perchè facesse quel risolino. Dopo un po’ egli avvicinossi come per prendere la tazza da Cleodemo, il quale gli strinse il dito, e con la coppa gli porse una moneta forse di due dramme: il garzone al sentirsi stringere il dito sorrise, ma non dovette accorgersi della moneta, la quale cadde, e al suono si fecero rossi tutti e due. Non sapevano i vicini di chi fosse la moneta, che il giovane diceva non esser caduta a lui, e Cleodemo, vicino al quale s’era udito il rumore, faceva lo scemo. Pure non ci si pensò, non ci si guardò, non essendosene accorti molti; ma credo che Aristeneto scorse tutto, perchè di lì a poco fece uscire quel giovane segretamente, ed accennò che dietro a Cleodemo si ponesse un villanzone attempato che pareva un guardaboschi o un mulattiere.
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