E qui la cosa finì, che saria stata di gran vergogna a Cleodemo se si fosse sparsa fra tutti, e se Aristeneto con un po’ di garbo non avesse spento quello scandalo.
Ma il cinico Alcidamante, che aveva già vuotata la tazza, informatosi come si chiama la sposa, impose silenzio con la sua vociaccia, e guardando dalla parte delle donne, disse: Bevo alla tua salute, o Cleantide, in nome d’Ercole protettore. A questo scoppiarono tutti a ridere; ed egli: Voi ridete, o bestie, perchè io bevendo alla salute della sposa ho invocato Ercole nostro dio? Ebbene dovete sapere che se ella non accetta il bicchiere da me, ella non avrà mai un figliuolo come me, duro di forze, libero di animo, e di corpo così vigoroso. E così dicendo, si scopriva di più, quasi sino alle vergogne: i convivanti più a ridere, ed egli adirato levasi facendo l’occhio del porco e minacciando guerra: e forse avria fatto toccare il bastone a qualcuno, se a tempo non avesser portato una grandissima schiacciatunta, la quale egli adocchiando, si rabbonì, si acchetò, e seguitandola se ne empiva il sacco.
Già molti eran brilli; e la sala piena di grida e di rumori: l’oratore Dionisodoro belò certe sue dicerie e fu applaudito dai servitori che stavano dietro. Istieo il grammatico, seduto all’ultimo posto ci fece il poeta, e cuciti insieme versi di Pindaro, d’Esiodo e d’Anacreonte, ne formò una ridicola canzone, nella quale quasi profetando diceva: Con gli scudi cozzarono, e Qui si udivano i gemiti e le strida dei combattenti.
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