- Che parlate voi di Crisippo? disse Zenotemi levando la persona e la voce. Da un solo uomo, da un filosofante spropositato, da questo ciurmadore di Etimoclete, misurate voi Cleante e Zenone sapienti? E chi siete voi che parlate così? Non sei tu, o Ermone, colui che tagliò la chioma d’oro ai Dioscuri, e per questo misfatto dovrai pagar la pena in mano al boia? E tu, o Cleodemo, non isvergognasti la moglie di Sostrato tuo discepolo, e côlto su l’adulterio non avesti quel vergognoso castigo? Avete questi scorpioni in corpo, e non tacete voi? - Almeno io non ho fatto il ruffiano a mia moglie come tu, rispose Cleodemo; io non avevo in deposito da un discepolo forestiere tutto il danaro della sua provvisione, e poi ho giurato per Minerva che non avevo avuto niente: io non presto al quattro il mese, nè impicco i poveri scolari se non mi pagano a puntino. - Almeno tu non potrai negare, disse Zenotemi, che desti un veleno a Critone, che si volle levar l’incomodo del padre. - Così dicendo, e tenendo in mano il calice di cui aveva bevuto quasi la metà, gettò in faccia a tutti e due quanto ve ne restava: n’andò una zaffata anche a Jono, che era vicino, e non gli stette male. Ermone s’asciugava la testa bagnata dal vino, e bassandola faceva vedere a tutti, e diceva: guardate insulto. Ma Cleodemo che non aveva calice a mano, voltosi a Zenotemi, gli sputa in faccia, e con la mano sinistra afferratagli la barba, stava per dargli un gran tempione; e avria stritolato il vecchio, se Aristeneto non gli avesse tenuta la mano; chè saltando per sopra Zenotemi, si pose in mezzo a quei due, e così li spartì, e li fece star cheti.
| |
Crisippo Zenotemi Etimoclete Cleante Zenone Ermone Dioscuri Cleodemo Sostrato Cleodemo Minerva Zenotemi Critone Jono Cleodemo Zenotemi Aristeneto Zenotemi
|