Rispondimi un po’ tu, o Zenotemi, o pure tu, o elegantissimo Difilo, perchè mai voi altri che dite esser cosa indifferente l’acquisto delle ricchezze, voi non pensate ad altro che ad acquistarne più e più? e per questo fate sempre la corte ai ricchi, e prestate ad usura, e vi pigliate l’interesse dell’interesse, ed insegnate per prezzo? E da altra parte, voi che odiate il piacere, e dite vituperii degli epicurei, voi fate e patite ogni vergogna per cagion del piacere: vi sdegnate se non v’invitano ad un banchetto, invitati mangiate tanto, date tanto ai servi, ecco.... E così dicendo afferra il tovagliuolo che il servo di Zenotemi teneva pieno di varie carni; e gliel’avria strappato, e gettato ogni cosa per terra, se il servo non avesse tenuto forte, e resistito. Ed Ermone: Bene, o Cleodemo: ci dicano costoro perchè biasimano i piaceri, e poi li vogliono godere più degli altri. - No, di’ tu, o Cleodemo, rispose Zenotemi, perchè credi che la ricchezza non sia una cosa indifferente. - Sì tu: no tu: la batosta durava, finchè Iono sporgendosi per più mostrarsi: Finitela, disse; vi proporrò io un argomento da ragionare e acconcio a questa festa: ma parlate senza contendere ed ascoltate; come si faceva in quei bei ragionamenti del nostro Platone. - Tutti l’approvarono i convivanti, massime Aristeneto ed Eucrito, che speravano che così finirebbero quelle spiacevolezze. Ed Aristeneto tornò al suo posto, credendo già fatta la pace.
In questo mezzo ci fu servita la portata perfetta, come la chiamano: una pollanca per uno, del cinghiale, del lepre, pesci fritti, ciambelle di giuggiolena, ed altre ghiottornie da portarsi anche a casa.
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