Dipoi quando gli parve di poter viaggiare, viene innanzi dal re, presente tutta la corte, gli dà il vasello, e dice così: O Signore, qui dentro è un gioiello, che io avevo riposto in casa, ed ho caro assai. Ora giacchè debbo fare un lungo viaggio, lo consegno a te, e tu me lo serba, chè questo per me è migliore dell’oro, e vale quanto la vita mia. Al mio ritorno me lo renderai intatto. Il re lo prese, e suggellatolo d’un altro suggello, comandò ai tesorieri di custodirlo. Combabo dopo di ciò sicuro si messe in viaggio: e pervenuti nella città Sagra, con molta cura edificarono il tempio, e tre anni passarono in quest’opera. Intanto avvenne ciò che Combabo aveva temuto. Chè Stratonica usando lungo tempo con lui, prese ad amarlo, e l’amore diventò furore. E dicono quei della città Sagra che Giunone fu cagione di tanto, e lo fece a posta, sapendo bene che Combabo era onesto, ma volle punire Stratonica, che non le aveva subito promesso il tempio. Ella dunque da prima si moderò, e nascose la passione; ma come la passione non le dava posa, ella struggevasi palesemente, e piangeva tutto giorno, chiamava e richiamava Combabo, e Combabo era tutto per lei. Infine non potendo più sopportare questo male, cercava un modo acconcio a richiederlo di amore; chè ad altri guardavasi di confessare l’amor suo, ed ella vergognavasi di tentare. Pensò dunque così: d’inebbriarsi, e poi andare a parlargli, perchè col vino viene l’ardire, e una repulsa non fa vergogna, e tutto ciò che si fa è attribuito ad ignoranza.
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