Come pensò così fece. E poi che finirono la cena, andata nelle stanze dove alloggiava Combabo, diedesi a pregarlo, abbracciargli le ginocchia, manifestargli l’amor suo. Quegli ne accolse le parole fieramente, respinse l’invito, la rimproverò che era ubbriaca. Ma quando ella minacciò che gli farebbe un gran male, ei per paura le dichiarò ogni cosa, le contò tutto il caso suo, e gliele mostrò col fatto. Vedendo Stratonica ciò che non aveva mai temuto, di quel furore si rimesse, ma dell’amore non potè dimenticarsi, e stando sempre vicino a lui trovava questo conforto al suo amore vano. Questa specie d’amore è ancora nella città Sagra, e vi si vede tuttodì le donne innamorarsi dei Galli, ed i Galli impazzire per le donne: e nessuno ne ha gelosia, ma da essi si tiene come cosa del tutto sacra. Intanto ciò che Stratonica faceva nella città Sagra non rimase occulto al re, ma parecchi che di là tornavano le davano varie accuse e contavano ogni cosa. Onde il re adirato richiamò Combabo, non ancora finita l’opera. Altri narra qui un’altra cosa non punto vera: che Stratonica poi che ebbe repulsa alle sue preghiere, scrisse al marito ed accusò Combabo, dicendo che l’aveva tentata: e quanto i Greci contano di Stenobea, e di Fedra di Gnosso, tutto gli Assiri favoleggiano di Stratonica. Ma io non mi persuado che nè Stenobea nè Fedra fecero ciò che si dice, se Fedra amava davvero Ippolito. Ma questo vada pure come andò. Come la novella venne nella città Sagra, capì Combabo la cagione, ed andò sicuro, perchè la difesa gli era rimasta a casa.
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