Chè non ti bisognava con me una tale difesa. Ma giacchè fortuna così volle, io prima farò la tua vendetta con la morte de’ tuoi calunniatori: e poi ti manderò un gran dono di molto oro, e di argento immenso, e vesti assirie, e cavalli reali. Verrai da noi senza che altri mai ti tenga porta, senza che nessuno t’impedisca il nostro cospetto, neppure quando sono in letto con la donna mia. Queste cose e disse e fece. Quelli subito furono menati a morte, ed a lui dati i doni, ed entrò in maggiore grazia, e pareva che nessuno degli Assiri fosse di senno e di felicità pari a Combabo. Dipoi avendo richiesto di compiere il tempio rimasto incompiuto, fu di nuovo mandato, compì il tempio, e quivi rimase finchè visse. E volle il re che per tanta virtù e benefizio, egli avesse nel tempio una statua di bronzo: ed in suo onore v’è ancora nel tempio la statua di Combabo, opera di Ermocle di Rodi, la quale ha figura di donna, e veste d’uomo. Dicesi che i suoi amici più cari per consolarlo di quella sventura, vollero averla comune con lui, si castrarono, e vissero allo stesso modo suo. Altri ci mette del miracolo, e dice, che Giunone volendo bene a Combabo inspirò a molti il pensiero di farsi quel taglio, affinchè non rimanesse storpio egli solo ed afflitto. Intanto questa usanza messa una volta rimane ancora, e molti ogni anno nel tempio si castrano, e pigliano maniere femminili sia per consolare Combabo, sia per gratificarsi Giunone. Certo è che si castrano, e non serbano più vesti maschili, ma portano le femminili, e fanno i lavorii della femmine.
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