Naturalmente io mi sentiva da prima inclinato a lui per le sue virtù politiche, e poi anche per ciò che Aristotele ne diceva. Il quale ad Alessandro e a me soleva dire spesso, che fra tanti che frequentavano la sua scuola in nessuno mai aveva ammirato tanta grandezza d’ingegno, e perseveranza nello studio, e sodezza e prontezza di mente, e franchezza di parlare, e costanza. E voi, diceva egli, lo pigliate per un Eubulo, un Frinone, un Filocrate;(141) e tentate di svolgere con doni quest’uomo che ha consumato il patrimonio paterno per gli Ateniesi dando privatamente ai bisognosi, e pubblicamente a tutta la città? Ed avendo sbagliato in questo, credete voi di atterrire un animo da lungo tempo deliberato di correre ogni fortuna con la sua patria? E se ei si scaglia contro ciò che voi fate, voi ve ne sdegnate? Ma ei non si sommette neppure al popolo ateniese. Voi non sapete, soggiungeva, che egli per solo amore alla sua patria si è messo a governarla, si ha fatto del governo un esercizio di filosofia. - Però, o Archia, io bramava tanto di conversare con lui, per udirgli dire il suo giudizio su lo stato presente delle cose; e, se bisognava, allontanando gli adulatori in cui sempre mi abbatto, udire la schietta parola di una mente libera, trovare un consiglio verace. Ed una cosa ancora gli volevo far considerare, chi sono quegl’ingrati Ateniesi, pei quali ei messe a pericolo tutta la vita sua, potendo attenersi a più
riconoscenti e costanti amici.
Archia. Tutt’altro, o re, forse avresti ottenuto, ma per questo avresti sprecato le parole: era pazzo per Atene, e non vedeva più in là.
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