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      Questi arbitri sederanno, dopo di aver giurato il legale giuramento per Stige: e Mercurio per bando chiamerà tutti coloro che pretendono di appartenere al consesso degli Dei, a comparire con testimoni giurati, e titoli di famiglia. Si presenteranno uno per volta: e gli arbitri, considerata ogni cosa, o li dichiareranno dei, o li rimanderanno giù a riporsi nei loro sepolcri e nelle urne gentilizie. Se alcuno degli scartati dagli arbitri tenterà risalire in ciclo, sarà subissato nel Tartaro. Di più ciascuno dovrà fare l’arte sua: Minerva non far più la medichessa, nè Esculapio il profeta, nè Apollo far tanti mestieri, ma sceglierne uno solo, o l’indovino, o il citarista, o il medico. Sarà comandato ai filosofi di non inventare nomi vuoti, nè spropositare di cose che non sanno. Dai templi e dagli altari di questi spodestati saranno tolte le statue loro, e invece messevi quelle di Giove, di Giunone, di Apollo, o di alcuno degli altri: ad essi la loro città può fare un tumulo, con sopra una colonna invece di ara. Chi non vorrà ubbidire al bando e presentarsi agli arbitri sarà condannato in contumacia.
      E questo è il nostro decreto.
      Giove. È giustissimo, o Momo. Chi l’approva alzi la mano: ma no, sia approvato; perchè so che molti non l’alzerebbero. Andate: l’adunanza è sciolta. Quando Mercurio farà il bando, venite, portando ciascuno pruove liquide, titoli specchiati, coi nomi del padre, della madre, della patria, della tribù, e come e perchè è divenuto iddio. Se non son pruove lampanti, gli arbitri non terran conto che uno ha un gran tempio su la terra, e dagli uomini è tenuto per dio.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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