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      LXXIV.
      IL CINICO.
     
     
      Il Cinico e Licino.
     
      Licino. O tu, perchè hai barba e chioma, e non hai tunica, e nudo e scalzo meni vita salvatica a guisa di bestia? A rovescio degli altri, adusi il tuo corpo a tutte le durezze, vai vagando qua e là, e per corcarti su la nuda terra porti così sozzo cotesto mantello, che neppure è nè fine, nè morbido, nè nuovo.
      Il Cinico. Non ho bisogno che questo sia altramente; mi costa poco, mi dà pochi impacci, e com’è, mi basta. Ma tu dimmi un po’: credi tu che la prodigalità sia vizio?
      Licino. Sì.
      Il Cinico. E la frugalità virtù?
      Licino. Sì.
      Il Cinico. E perchè dunque vedendo me che vivo frugalmente, e gli altri prodigamente, tu biasimi me, e non quelli?
      Licino. Perchè parmi che tu viva non più frugalmente degli altri ma miseramente, anzi sei mancante di ogni cosa, e poverissimo. Non sei dissimile da quei mendichi che ogni dì vanno accattando la vita.
      Il Cinico. Vogliam vedere, giacchè siamo su questo discorso, che cosa è il mancante, e che il sufficiente?
      Licino. Come ti pare.
      Il Cinico. Il sufficiente è ciò che basta ai bisogni di ciascuno: è altro forse?
      Licino. Questo.
      Il Cinico. Il mancante è ciò che non basta pel bisogno, ed è meno del necessario.
      Licino. Sì.
      Il Cinico. Dunque io non manco di niente, perchè ho ciò che basta ai miei bisogni.
      Licino. Oh, come dici questo?
      Il Cinico. Considera un po’ perchè son fatte le cose di cui abbiamo bisogno: per esempio la casa non è fatta per ricoprirci?
      Licino. Sì.
      Il Cinico. E la veste? non è anche per ricoprirci?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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