Che Iddio, simile a quel buon ospite, ci mette innanzi una gran quantità di cibi diversi d’ogni paese, convenienti a ciascuno, ed ai sani ed agli ammalati, ed ai forti ed ai deboli, non affinchè tutti usiamo di tutto, ma affinchè ciascuno usi di ciò che gli confà e gli bisogna. E voi intemperanti ed insaziabili siete simili a quell’uomo che si arraffa tutto, volete usare di tutte le cose non solo nostrali ma forestiere; credete che non vi basti nè la terra nè il mare, e andate ai confini del mondo a comperar piaceri; e sempre pregiate più le cose forestiere che le paesane, più le molto che le poco costose, più le difficili che le facili a procacciare: insomma volete piuttosto aver fatiche ed affanni che vivere tranquillamente la vita. Quella grande e fastosa apparenza, che voi credete felicità, e di che tanto superbite, vi costa una grande infelicità e miseria. Considera un po’ l’oro tanto desiderato e l’argento, considera i ricchi palagi, considera le vesti ricercate, e considera ancora quante pene, quante fatiche, quanti pericoli costano, anzi quanto sangue, e morte, e distruzione di uomini: chè non solo molti annegano nel navigare, e patiscono stenti nell’andare cercando, e nel fabbricare, ma si fanno grandi guerre, e gli amici insidiano agli amici, ed i figliuoli ai padri, e le mogli ai mariti: come Erifile tradì il marito per un poco d’oro. Eppure tutte coteste cose sono così fatte che le vesti dei più bei colori non tengono caldo più dell’altre, i dorati palagi non ricoprono meglio, le tazze d’argento non fanno più savorose le bevande, i letti d’oro e d’avorio non danno più dolci sonni, anzi spesso vedrai su i letti d’avorio e su i preziosi tappeti gli uomini felici non poter gustare stilla di sonno.
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Iddio Erifile
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