Triefonte. Quell’adultero, che sverginò Tiro figliuola di Salmoneo, e ancora se la tiene, ed è protettore ed avvocato di queste brighe? Chè quando Marte fu preso nella rete, e stretto con Venere da catene indissolubili, tutti gli Dei per lo smacco dell’adulterio tacevano, l’equestre Nettuno piangeva a tanto di lagrime, come i bimbi che temon i maestri, o le vecchierelle che vogliono ingannar le fanciulle, e sollecitava Vulcano a sciogliere Marte: e quel povero sciancato per pietà d’un vecchio iddio che piangeva, liberò Marte. Onde anch’egli è adultero, perchè salvò gli adulteri.
Crizia. Per Mercurio?
Triefonte. Vah, quel tristo servo del libidinosisimo Giove, anch’egli matto fradicio di libidini?
Crizia. Marte e Venere so che non li accetti, perchè ora li biasimavi: e lasciamoli stare. Ora nominerò Minerva, la Vergine, l’armata e terribil Dea, che porta il capo della Gorgone sul petto, la Dea sterminatrice dei giganti. Non hai che dire di lei.
Triefonte. Ti dirò anche di lei, se tu mi rispondi.
Crizia. Dimanda pure ciò che vuoi.
Triefonto. Dimmi un po’, o Crizia, qual è l’utile di quella Gorgone, e perchè la Dea la porta al petto?
Crizia. Come una cosa che fa paura a vedere, ed allontana i mali, ed anche atterrisce i nemici, e inclina la vittoria dove ella vuole.
Triefonte. E forse per ciò l’Occhiazzurra è invincibile?
Crizia. Sì.
Triefonte. E perchè non a Lei che è difesa, ma a colei che ha la virtù di difenderla, noi non bruciamo lombi di tori e di capre, acciocchè renda anche noi invincibili come Pallade?
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