Triefonte. Era luce incorruttibile, incomprensibile che dissipò le tenebre, e scacciò questo disordine con una sola parola che Egli profferì, come scrisse il balbuziente;(157) ed Egli assodò la terra su le acque, distese il cielo, formò le stelle fisse, disegnò il corso a quelle altre che tu adori come dii, adornò la terra di fiori, trasse l’uomo dal nulla all’essere; e sta in cielo riguardando i giusti e gl’ingiusti, e scrivendo in libri le opere di ciascuno; e rimeriterà tutti nel giorno da lui stabilito.
Crizia. E i fili che le Parche filano a tutti, anche questi si scrivono?
Triefonte. Quali?
Crizia. Il destinato di ciascuno.
Triefonte. Parla tu, o buon Crizia, delle Parche; ed io ti sarò discepolo, e t’ascolterò.
Crizia. Non disse quel gran poeta Omero:
Nessuno al mondo si sottragge al fato?
E di Ercole disse:
Neppure il forte Alcide, neppure egli
Sfuggiva al fato; ed era sì diletto
Figlio di Giove re; ma lui domava
La Parca, e l’implacata ira di Giuno.
Anzi tutta la vita, e tutti i casi di essa sono stabiliti:
Quivi poi
Quel fato avrà, che la severa Parca
Gli filò quando il partoria la madre.
e le dimore in terra straniera sono anche per volere del fato.
Giungemmo ad Eolo, che gentil mi accolse
E rimandò, ma non ancora il fato
Volea tornarmi alla diletta patria.
Sicchè il poeta affermò che tutto è sottoposto alle Parche: e Giove stesso non volle il figliuolo sottrarre a spaventosa morte, ma piuttosto
Piovve stille di sangue ad onoranza
Del diletto figliuolo, a cui Patròclo
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