Epperò lasciale tutte coteste cose, e così anche tu sarai scritto nei celesti libri dei buoni.
Crizia. Conchiudi bene a proposito, o Triefonte. Ma dimmi una cosa: Anche le opere degli Sciti sono registrate in cielo?
Triefonte. Tutte, se per caso v’è qualche buono anche tra le genti.
Crizia. A quanto dici dov’essere una gran segreteria in cielo per scriverle tutte!
Triefonte. Taci, e non parlare con irriverenza d’un Dio sapiente; ma come catecumeno odi le mie parole se vuoi vivere nei secoli. Se egli distese il cielo come un tabernacolo, assodò la terra su le acque, formò gli astri, e creò l’uomo dal niente, che maraviglia è che sono scritte le opere di tutti? Anche tu, se ti fabbrichi una casetta, e vi conduci serve e servi, non ti lasci sfuggire le loro minime azioni: quanto più un Dio, che ha fatto il mondo, percorre con lo sguardo facilmente tutte le cose e le opere, ed i pensieri di ciascuno! I tuoi dii sono divenuti un trastullo per gli uomini di senno.
Crizia. Dici benissimo: e m’hai renduto il rovescio di Niobe; chè ero una colonna di pietra ed ora comparisco uomo. Onde per cotesto Dio ti giuro che non avrai alcun male per cagion mia.
Triefonte. Se mi ami veramente di cuore, non mi ti far l’altro da te, altro tenendo in cuore, altro dicendo. Ma via contami le mirabili cose che hai udite, acciocchè ingiallisca anch’io, e mi muti tutto quanto, e non mi caschi la voce, come avvenne a Niobe, ma io diventi un uccello come il rosignuolo, e vada flebilmente cantando pei fiorenti prati il tuo mirabile intronamento.
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