Smettete coteste strane fantasie, coteste intenzioni e predizioni malvage, acciocchè un Dio non vi muti in corvi per l’imprecare che voi fate alla patria e spargere false predizioni. Allora tutti di un animo mi si scagliarono addosso, e mi dissero cose assai: e, se tu vuoi, io aggiungerò quelle che mi fecero rimanere come una colonna di pietra,(170) finchè le tue salutari parole non mi hanno riscosso, e di pietra tornato uomo.
Triefonte. Taci, o Crizia, e non proseguir queste chiacchiere. Vedi come ne ho gonfia la pancia, che sembro gravido. Le tue parole mi facevano l’effetto d’un morso d’un cane arrabbiato; e se non piglio un rimedio per dimenticarle, io non m’accheto, e se me ne durerà la memoria mi farà un gran male. Lascia adunque costoro, cominciando la preghiera dal padre, e sovra aggiungendo il cantico di molti nomi.(171) Ma che è questo? Non è egli Cleolao, che viene a gran passi, e frettoloso scende per qui? Vogliamo chiamarlo, o Crizia?
Crizia. Sì.
Triefonte. Cleolao, non correre, non passar oltre. Vieni qui; salute, se rechi qualche novella.
Cleolao. Salute ad entrambi, o bella coppia.
Triefonte. Che fretta è cotesta? tu aneli: è avvenuto qualche novità?
Cleolao.
Bassò le creste la superbia Persa:
Cadde Susa l’altiera,
E degli Arabi tutta la contrada
Sotto la man del vincitor potente.
Crizia. Quanto è vero che
Sempre lo Ciel non abbandona i buoni,
Ma talvolta li onora, e avanza in meglio.
Questa sì, o Triefonte, è una novella bellissima per noi. Io mi affliggevo pensando che cosa lasciare a morte mia in testamento ai miei figliuoli: chè tu sai la mia povertà, come io la tua.
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