Ed ora divenuto cigno si godeva Leda, ora sotto aspetto di toro rapiva Europa, ed ora prendendo la somiglianza di Anfitrione generava Ercole. E chi potria dire i tanti artifizi usati da Giove per godere di quelli che egli amò? Ma la cosa più grande e maravigliosa è che ragionando con gli Dei (con gli uomini non mai, se non coi belli) tra essi adunque parlamentando, così severo è descritto dal comune poeta dei Greci, così superbo e terribile, che nella prima radunanza, Giunone solita sempre a garrir seco, se ne spaurisce tanto che ella ha a ventura che non le venga alcun male e che la collera di Giove non vada più oltre delle parole: e nella seconda adunanza non minore paura ei messe in tutti gli Dei, minacciandoli di sospendere la terra con tutti gli uomini ed il mare. Quando poi si avvicina alle persone belle, diventa così mite, e dolce, e trattabile, che tra le altre cose, lasciando anche il suo essere di Giove per non parere spiacente ai suoi mignoni, piglia un altra figura che sia bellissima ed attiri chi lo vede: tanto egli rispetta ed onora la bellezza! Nè solamente Giove fu così preso della bellezza, e degli altri Dei nessuno, sicchè queste parole possano parere un’accusa contro Giove, piuttosto che una lode alla bellezza: ma chi ben considera troverà che tutti gli Dei ebbero la stessa passione di Giove; Nettuno per esempio andò pazzo di Pelope, Apollo di Jacinto, Mercurio di Cadmo. E le dee stesse terrebbero a vergogna se fossero da meno in questa cosa, anzi hanno ad onore quando si conta che una si gode il tale uomo bello.
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