Fatto costruire con ogni arte un cocchio correvolissimo, ed aggiogativi un paio di cavalli i più veloci allora di Arcadia, sfidava al corso i proci della donzella, proponendo di dar lei per premio della vittoria a chi lo avanzasse, e di mozzare il capo a chi fosse vinto: e voleva che ella stessa montasse sul cocchio, acciocchè i giovani occupati di lei non badassero a guidar bene i loro cavalli. Quelli, sfallito il primo che aveva preso a correre e perduta la donzella e la vita, non volendo per baldanza giovanile ritirarsi dall’agone o mutar nulla del loro proponimento, maladicendo la crudeltà di Enomao, andavano l’un dopo l’altro a morire, quasi tementi di ricusar la morte per la donzella: e giunsero sino a tredici i giovani uccisi. Ma gli Dei avendo orrore di tanta scelleraggine di colui, e pietà dei giovani uccisi e della donzella, quelli perchè privati di tanto bene, e la fanciulla perchè non godeva della sua giovanezza, presero a cuore un giovane che doveva entrar nell’agone (e questi era Pelope), e gli diedero un cocchio più bello e con più arte lavorato, e cavalli immortali, con cui doveva guadagnarsi la donzella: e guadagnolla, e giunto vincitore alla meta, uccise il suocero. Così divina cosa è temuta dagli uomini la bellezza, ed onorata da tutti, e dagli stessi Iddii talvolta desiderata. Epperò nè io potrò essere ragionevolmente biasimato, se ho stimato a proposito dire queste cose intorno alla bellezza.
E così Aristippo finì il suo discorso.
Ermippo. Rimani ora tu, o Caridemo, per mettere col tuo discorso quasi la colmatura a tante belle cose dette della bellezza.
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