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      Tra gli altri che si presentarono all’agone fu un Epirota, il quale avendo una bellissima voce, ed essendo per questa già famoso ed ammirato, faceva sembiante di agognare la corona più che ei non soleva, e di non voler cedere, o che Nerone gli dovesse dare dieci talenti per la vittoria. Nerone s’invelenì e andò su le furie, tanto più che lo udiva cantare dal padiglione, ed era già cominciato lo spettacolo. E mentre i Greci con grida applaudivano all’Epirota, egli manda un littore, imponendo di condurglielo innanzi: quei leva la voce, si raccomanda al popolo, e resiste: Nerone manda sul palco i suoi istrioni, come pratichi di queste faccende, i quali portando in mano tavolette da scrivere, fatte d’avorio, e che si aprono da due parti e sono a guisa di pugnali, sollevano l’Epirota sopra una vicina colonna, e gli spezzano la gola, percotendolo con le punte delle tavolette.
      Menecrate. Vinse davvero una tragedia, dopo di aver commessa sì brutta ribalderia innanzi agli occhi dei Greci.
      Musonio. Questi sono scherzi per un giovanotto che uccise la madre. Se fece tagliare la gola a un tragediante che maraviglia è? Quand’egli ardì anche in Delfo di turare la bocca ond’esce la divina voce dell’oracolo, acciocchè neppure Apollo avesse voce. Perocchè l’oracolo l’aveva messo a paro degli Oresti e degli Alcmeoni, i quali dall’uccisione delle madri ebbero una certa gloria, perchè vendicarono i padri: ma egli, che non sapeva dire di chi aveva fatto vendetta, si tenne offeso dal Dio, udendo la verità benchè un poco addolcita.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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