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      E chi pesta piantaggine, appio, fogliaDi lattuga, e pratense porcellana;
      Chi piglia erba di mare, chi di fiume;
      Altri pestano ortiche, altri consolida,
      Altri ci metton lenticchia palustre,
      E cotta pastinaca: altri le fronde
      Del pesco, altri giusquiamo, papavero,
      Bulbi, cortecce di melegranate,
      Incenso, pulicaria, radice
      D’elleboro, fiengreco insiem con vino,
      Nitro, girina,(180) parietaria, galle
      Di cipresso, friscello d’orzo, gessoDi Garo, foglie di cavoli lessi,
      Cacherelli di caprio, sterco d’uomo,
      Muschio di pietra, farina di fave.
      Cuocon rospi, lucerte, sorci, donnole,
      Rane, porcelle,(181) volpi ed ircocervi.
      Quale metallo mai non fu provatoDagli uomini? qual succo? qual resina?
      Di tutti gli animai presero sangue,
      Ossa, nervi, midolle, grasso, pelle,
      Orina, latte, e gli escrementi stessi.
      Chi bee la medicina in quattro giorni,
      Chi in otto, ma la maggior parte in sette.
      Altri bevendo acqua santa si purga;
      Altri con incantesimi si lasciaInfinocchiar dal furbo cerretano.
      Il Giudeo ti scongiura un altro sciocco;
      E altri prende il rimedio dalla fonte.
      Io dico a tutti questi: guai a loro!
      A chi fa tali cose, a chi mi tenta,
      Io mi soglio avventar più invelenita;
      Ma a chi non pensa contrastarmi affattoNon fo gran male, e divento benigna.
      Chè l’uom nei miei misteri iniziatoSubito impara parlar grazioso,
      A tutti piace per discorsi allegri,
      A tutti fa vedersi in festa e risoAllor che al bagno vien portato in collo.
      Quell’Ate io son, di cui cantava Omero,
      Che su i capi degli uomini cammino,
      E delicate ho le piante dei piedi;


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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