Un improvviso male mi trafiggeTutte le membra: il fulmine di Giove
Non ha lassù sì roventi saette;
Non così infuria tempestoso mare;
Non il lampo così celere guizza.
Cerbero forse mi morde, mi sbrana?
Forse un veleno di vipera struggeLe mie povere carni, o la camicia
Nel sangue del Centauro inzuppata?
Deh, regina, pietà: non il mio farmaco,
Ned altro mai può rattener tua foga.
Tu per consenso delle genti tutteSei di tutti i mortali vincitrice.
PODAGRA.
Basta, o tormenti, scemate i doloriDi costor, che già sono ripentiti
D’avermi stuzzicata. E tutto il mondoRiconosca che io sola fra gl’Iddii
Implacabile sono, e sprezzo i farmaci.
CORO.
Non di Giove alle folgoriContrastava il superbo Salmoneo,
Ma cadeva percossoSquarciato il petto dal fumante telo.
Non il satiro Marsia
Andò lieto d’aver Febo sfidato;
Ma scricchiola agitataDal vento la sua pelle intorno al pino.
Memorabile penaEbbe del vanto di feconda Niobe;
E impietrata nel Sipilo
Ancora stilla, e larghi pianti versa.
Alla fiera Tritonide
In ira venne la Meonia Aracne,
E perduta sua forma
L’antica tela va tessendo ancora,
Chè l’ardir dei mortaliNon è pari allo sdegno di tai numi,
Qual’è Giove, e Latona, e Palla, e Febo.
O regina de’ popoli, Podagra,
Mandane dolor lieve,
Facile, mite, non acerbo, breve,
Senza spasmi, passabile,
Portabile, impotente,
Che camminar ci faccia facilmente.
Ci ha molte specie d’infelici, e molteCure di mali: sola
L’assuetudin conforta i podagrosi.
Onde volonterosi,
O miei consorti, scordate gli affanni.
Se quei che abbiamo non han fine ancora,
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