Sdrucciolare con agio e leggerezzaSu la strada che mena alla ricchezza.
14.
Spesso un vino m’hai mandato,
E te n’ho ringraziato.
Come un nettare m’è stato.
Or se m’ami, non mandarne,
Che non posso più accettarne.
Come beverlo potrò
Se lattughe più non ho?
15.
. . . . . .
. . . . . .
16.
Un Dio mi scampi dalle grandi spese
In che, o Erasistrato, tu spendi
Sozzamente cortese,
Mangiando brutte porcherie che fanno
Allo stomaco danno
Più della stessa fame, ed io farei
Mangiarle ai figli de’ nemici miei.
Vo’ tornare affamato
Più che non sono stato,
E in casa tua non essere spesato.
17.
I bianchi capelli,
Se taci, son senno:
Se parli, non senno,
Ma chiome - siccome
I biondi capelli.
18.
Un medico mandommi il figlio a scuola
Per apprendere un poco di grammatica;
Il bimbo apprese a mente
Cantami l’ira, e Diè mille dolori.
Ma come il terzo verso recitò:
Molte alme forti spinse all’Orco acerbe,
Da me più non tornò.
Il padre mi rivide, e: Ti ringrazio,
Dissemi, o amico: questo al figlio mio
Lo posso insegnar io.
Anch’io molte alme mando all’orco acerbe,
E ci son tanto pratico
Che per niente ho bisogno d’un grammatico.
19.
Frammento, che non vale la pena di tradurre.
Fine degli Epigrammi, e di tutte le opere attribuite a Luciano. Tutte sono voltate in italiano, fuori che due, il Giudizio delle Vocali, ed il Pseudosofista, che non si possono voltare in altra lingua.
Ergastolo di Santo Stefano, 25 gennaio 1858.
FINE.
AVVERTENZA.
Nel discorso proemiale promettevo un indice delle varie lezioni che ho creduto di proporre al testo.
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