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      141 Nemici di Demostene, e da lui chiamati traditori e venditori della patria.
      142 Qui non so quante difficoltà si trovano. Ecco come io traduco il testo a parola in latino. Nam et nos qui vidimus, nihil differebamus a videntibus in stupore et incredulitate. A me pare dunque che non manchi niente, e che non si debba mutar niente.
      143 Il testo neson arché, insularum imperium. Ma che vuol dire? Mi pare che nesos possa significare anche penisola, e penisola è la Calabria (Terra di Otranto) dove si rifuggì e morì Demostene.
      144 Pro patria non timidus mori. Hor.
      145 Polissena, nell’Ecuba di Euripide.
      146 I Pritani erano in Atene un magistrato di 500 cittadini. Ciascuna delle dieci tribù ogni anno ne sceglieva 50; i quali per 35 o 36 giorni governavano molte pubbliche faccende, convocavano e presedevano il Consiglio de’ Cinquecento, ed i Comizii popolari. La tribù i cui Pritani governavano per questo spazio di tempo, dicevasi avere la pritania, o presidenza. I Proedri eran nove, tirati a sorte fra i pritani delle altre nove tribù; ed uniti ai cinquanta sovrintendevano solo ai comizi, e non si impacciavano di altro. L’Epistato era uno de’ cinquanta pritani, che aveva l’uffizio di tirare a sorte i proedri, di proporre le cause, e di badare che non si facesse nulla contro le leggi. L’uffizio de’ Proedri e dell’Epistato cominciava e finiva in ciascun comizio.
      147 Jo. Matthia Gesner in una bellissima e dotta dissertazione: De aetate et auctore dialogi Lucianei qui Philopatris inscribitur Disputatio, dimostra lucidamente che questo dialogo fu scritto al tempo di Giuliano l’apostata, e propriamente quando fu portata in Costantinopoli la prima novella delle vittorie di Giuliano contro i Persi.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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