E di tutto ciò duolmi profondamente; poi che all'inizio d'esser letti nelle terre d'oltre Alpi, si sollevano tali quistioni, quasi a dimostrar la nostra insufficenza a produrre: legami e cortesie andavansi suscitando amorevolmente tra noi; tutto era nell'aspettazione di un buon risultato: certamente li amici francesi debbono molto essere scontenti delli amici italiani, da che questi si prendono la roba loro con molta disinvoltura ed il cemento della lealtà sfuggì a rinsaldare una nuova amicizia, dopo tali abusi di fiducia. Torneremo a Parigi col ramoscello d'olivo?
L'onesta università della Letteratura ne sofre e teme.
G. P. LUCINI.
Milano, il XXIII di Febbrajo del'LXXXXVI.
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Se non che, per iscusare, pur nolente, codesti peccati d'incontinenza nella roba altrui della mia bella d'allora, conveniva che la passione per lei mi fosse inciprignita dentro come una cattiva ferita purolenta. Tornando indietro d'un altro anno, voi leggerete che ero nello spasimo erotico completo per Talanta - D'Annunzio, sì da chiamarlo fratello: «E vidi», esclamava tra il profetico e lo storico, da pagina 5, de La Licenza, Dialogo tra il Padre e la sua Creatura, preposto a La Prima Ora dell'Academia, edita nel 1902 ma conservata sino dal 1895, nei miei cassetti, senza tema di incanutire - come le altre Due Ore, che sono più che fresche, pietrificate, in bellezza, gorinianamente: - «E vidi», allora, rassegnando le fortune e le speranze letterarie italiane: «e vidi, tra le rovine della città eterna, entusiasmato dalle bellezze passate e curvo ai misteri della venustà immarcescibile, un Cavaliere, che intendeva li occhi azzurri oltre le lapidi romane, oltre i cimelii infranti, alla rinascenza del Vinci.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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