) parava alla precedenza ed a distinguere. «Di un'altra musica dell'avvenire, tra le tante inventate poco fa: lasciatela passare: perchè è mio obbligo rendere partecipe il buon Prossimo, dell'ultima mia scoperta, questa della lamina d'argento foggiata a timbro; ch'è mio dovere l'instruire dell'armonia preziosa di questi istrumenti, onde le danze si ballino sul ritmo campanellante. (Il Daimon, permaloso, mi tira il naso: dice: «Dove l'hai pescato quest'unico strumento, se la bellezza dell'unico è di marca speciale di un Gabriele e tu non sei andato da lui a comperarla?» - «Maligno», rispondo «tra li arcangeli io non conosco che Lucifero, non sei tu questi»).
Che era avvenuto nello spazio di tre anni, se il motteggio soccorreva ai belati dell'innamoramento? S'io aveva il coraggio di stampare, proprio dentro lo stesso volume (1902) e la prova dell'uno e la nota dell'altro, sfidando la facile pecca della contradizione? Era invecchiato, amico Tizio; mi sentiva in vena di confessarmi tacitamente per via di antitesi, anche, o Tizio malevole e dispettoso, che ridi e mi provochi: «Vè la tua vantata coerenza!»
Sì; mi ostino a dirti in faccia: la mia vantata coerenza: leggi bene e le parole del 1895, e le altre del 1896, e le più recenti del 1899, e le nuovissime, queste, del 1912: capisci tu le parole mie, Tizio beffardo: non è un unico pensiero, una sola ragione, quella che le regge? Ti capacita? Tentenni, vagelli? Incominci a travedere. Ma torna a leggere dal primo capoverso sino a qui, con tutte le disgressioni, le note, i richiami: non ridi più, mi fai il broncio.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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Prossimo Il Daimon Gabriele Lucifero Tizio Tizio Tizio
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