Dunque, Decio Carli si risovvenne, che, il per allora eroe di Varazze, il filosofo - giurista - anticlericale era stato anche l'autore di una Prima Ora dell'Academia, virtualmente un capo scuola; ed egli mi vedeva centro «ad una plejade di belli ingegni in evidenza derivati da me». - Se non che continuava, «nessuno gli assegna un dicastero artistico; e i luciniani, pauci sed electi, costretti a dissimulare tanta genealogia, non vengono prosperati e collocati, auspice le commendatizie del duce sui quotidiani di maggior fama; e, ove mai il magnificatore di Eleonora riporti ancora un successo - di mondanità, di coreografia e di cassetta - Gian Pietro da Varazze sarà irremissibilmente perduto».
Perduto, finchè, poco dopo, non mi avesse dovuto ritrovare con parallelo di maggior evidenza: già la circonlocuzione non avrebbe più servito, e mi vedrebbe in armi, ben disegnato; perduto, no, certo, però che Decio Carli m'avrebbe fatto (1908) «l'amico(5) grande di Benelli.. e di Notari», mentr'io andava millantando nella lingua di Cicerone: «Ad me dictum est verbum absconditum...»; mentr'io faceva dire a me stesso, in linea generale:
«più che amicizia eleggo odio palese».
Per intanto, mi incontrava «erede(V) magnifico di Giosuè Carducci» annunziandomi «con sigillo proprio. Il suo motto: «Sorpassare la consuetudine» suo capitale nemico: Gabriele D'Annunzio» - Il duello mi era comandato dai padrini, i quali se ne intendevano: le due persone erano armate, in faccia: «il duello segnerà il fatto d'armi più sensazionale di quest'alba di secolo.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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