Egli sente intorno delle parole, le quali affermano l'indirizzo agnostico e non mistico della società, che si dirige praticamente alla conquista di sicure e positive efficienze.
Un buon vento di critica, un buon sole di persuasione, fugarono le ultime caligini dalle coscienze turbate; il positivismo non ha potuto contradire alla scienza, ma scienza e positivismo, usciti a perfezione dall'empirico tentativo del sensismo, si opposero, trionfanti, alle religioni ed alla metafisica fumigosa: donde il paradiso, l'al di là, le gioie eterne di una seconda vita immortale di puri spiriti dissoluti dalla materia, od i tormenti artificiosi ed esasperati della lussuria sadica dei troppo casti, fabricati dalle imaginazioni ossesse dei monaci del mille, caddero nel ridicolo, fandonie bambinesche, e ciascuno si industriò di produrre per sè, in terra, la felicità, poi che il paradiso doveva essere di questo mondo. Felicemente, l'uomo ha presto imparato a distinguere il pregiudizio teologico dal pregiudizio morale, osserva Nietzsche; ed egli non ha cercato più oltre al mondo, l'origine del male e del bene; ma ha voluto sapere quale contenuto reale, positivo, ponderabile potessero racchiudere queste due valutazioni assai spesso soggettive, estraendone una radice comune di necessità ed un comune sentimento operante, per l'uno fuggire e l'altro possedere.
Ed ecco che, formulata con sicurezza categorica, con esteriorità letteraria, con superbia filosofica, D'Annunzio ode la parola capitale: «Il più importante delli avvenimenti recenti - il fatto che Dio è morto, e che la fede nel Dio cristiano è già scossa - comincia a proiettare sopra l'Europa le sue prime ombre». (Nietzsche: La Gaja Scienza). E, commosso di subito entusiasmo, dalla formola, estrae il corollario; il Gran Pan è vivo.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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