Pagina (68/379)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Il D'Annunzio, che non si cura dello spirito, si afferra alla materia, perchè, occupandola di lui è persuaso di un possesso; ama invece che rimangano come sono, liberi e maleficenti, rappresentanti della forza barbara, della sua forza, cui, s'egli non fosse stato poeta, avrebbe usato, potendolo, nella lotta per l'esistenza, a pervenire.
      Tal sia, condottiere d'appetiti: tal sia, nell'arrovellato pretendere a sempre nuovi godimenti. La pace è per i deboli; la vita è la ebrietà continuata del moto: Energia! Ed allora, perchè ammirare l'ordine divino e statico e preistorico, la susseguita gerarchia da Zeus; rammaricarsi della detronizzazione:
      «O Zeus, Tiranno più grande,
      sei tu dunque caduto per sempre?»
      E non riconoscere la sequenza di lui, in un Jehova, in un Cristo, condannati del paro:
      «Gli Effimeri onorano il cantoribelle, obliosi del tuo
      ordine puro, che sologenerò l'Universo
      Ammesso un despota, tutti si ammettono. E perchè anche il Prometeo sfigurare, nell'ingiuria al Dio? Come un anarchico amorale, d'Annunzio, nelle complesse e confuse teorie che gli fermentano dentro, trova la soluzione ed il motivo dell'operare, del fare il bene per tutti, quel bene, che sia un piacere per tutti?
      Gli basterà assegnare ad un vago socialismo alla Saint-Simon papismo industriale, dopo la teocrazia di Giove e prima dell'esplosione delle forze brute delli indisciplinati barabba, una funzione remissiva alla fatica umana, una azione intelligente sulle machine produttrici, a favore dell'uomo che vigilia?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





D'Annunzio Energia Zeus Zeus Tiranno Jehova Cristo Effimeri Universo Prometeo Dio Annunzio Saint-Simon Giove