«Il suppliziocarnale era bandito
per sempre, il dolore assumendol'aspetto di un re soggiogato:»
per ciò, figura come già cominciata l'esperienza buona; ma in quale parte ha cooperato, colla vita, coll'insegnamento, ad affrettarne il corso? Egli non lo sa dire, nè lo può dire; osserva, non incita se pure voglia farsi credere agente; dimostra ancora qui la sua insufficenza a creare.
Vivere, creare, produrre nuove enti a propria simiglianza significa, prima, rettificare la propria coscienza, mondarla dai depositi carreggiativi dentro, infiltrativi dalla imitazione del conformarsi; poi, esprimere dal proprio genio, sotto le ambienti richieste delle attualità, quanto che meglio corrisponde al bisogno dell'ora. Ed in questo, come nel resto, come nelle Laudi eclettico, se da Marsilio Ficino della magica di natura trascorre al Darwin della evoluzione, egli si sarà imbevuto di tutto e di tutti, credendosi personale.
Virtù della illusione: ecco la falla larga ed aperta, mascherata a lui dal presupporsi, rattoppatura spessa ma poco efficace. Così un bambino scolaretto, nei giorni lieti delle vacanze, accetta, nell'esiguo orto famigliare, la favola di Robinson Crosuè; imagina in un'aiuola l'isola deserta, nell'ombria di una pianta la grotta; si accomuna e si immedesima nella finzione, e, se è solo, è, ora il pioniere, ora il selvaggio Venerdì, eccesso esteriorizzato di recente lettura.
Di fatto, la psicologia del carattere d'annunziano è, almeno da quanto appare dell'opera, per nulla complicata.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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Laudi Marsilio Ficino Darwin Robinson Crosuè Venerdì
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