Questo è il suo verso libero, ch'egli vorrebbe imitatore e plasmatore del tutto. Ma a convenzione antica, opporre convenzione sua e recente è pleonasmo; e quando si abbia l'audacia di una riforma prosodica, cioè di una lunga e logica parola poetica, si deve essere indifferenti della sua misura, nè devesi spezzarne il significato nè dividerla in più tronchi d'espressione, se eccede d'in sulla pagina.
Il verso libero deve suonare, imitando, la cosa, il pensiero, l'azione che rende; deve essere continuativo sino al completo sviluppo della frase, sia di una sillaba, o di cento.
Con ciò il concetto si ferma e si certifica; lo si riguarda nella idea, nei sentimenti, nella storia e nella mitica, come esistente in sè poeticamente. Donde sequenza sinfonica vuole, che ogni parola sia proporzionata al suo ufficio, che le armonie imitative e morali v'abbiano la loro maggiore espressione per l'udito; che ogni attributo sia un plasma concreto per li occhi e per il tatto. Diremo di più? Non è il caso di un trattato di metrica; accenno che altri, meno fortunati, in patria, già osarono un loro numero personalissimo, creduto, pazzia od originalità di cattivo gusto; e che, in Francia, tutta la poesia simbolista ha snodato, dall'alessandrino, quelle forme di ritmica, per cui l'espressione inesprimibile si fa certa ed evidente, da quando un Manifesto del 18 dicembre 1886 ad Anatole France, compose dal Figaro il geniale Moréas spiegandone il bisogno.
Ma vale il dolersi? A nulla riescono le mezze misure, il timido concedere, li empiastri oppiati d'algontina, che allievino un poco, temporaneamente e lasciano il male, la cattiva abitudine, la falsa opinione, le innumeri sciocchezze ancora inradicate.
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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo 1914
pagine 379 |
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Francia Manifesto Anatole France Figaro Moréas
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